PIRAMIDI DI GIZA : PROGETTAZIONE STRAMPALATA

Di Fabio Garuti

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Le incongruenze relative alla costruzione ed alla progettazione delle studiatissime Piramidi di Giza sono talmente palesi che francamente mi stupisco molto , detto senza ironia, del fatto che non vengano sottolineate dai tanti archeologi che di questi edifici si sono occupati e continuano ad occuparsi. Dato che ufficialmente le tre piramidi ( eh sì, sono tre, inutile parlare sempre e solo di quella più grande : consideriamo anche le altre due) sarebbero state costruite da tre faraoni per farne le proprie tombe, e dato che Cheope viene prima di Chefren che viene prima di Micerino, ( Cheope era il padre di Chefren e nonno di Micerino), francamente non si riesce a comprendere cosa i progettisti abbiano combinato con le camere funerarie ( chiamiamole così) dei tre sovrani. Proprio strano, assolutamente incomprensibile. Anzi : assurdo. Vediamo il perché.

  1. Che ci siano all’interno delle tre piramidi tre “camere” considerate appunto le camere funerarie dei faraoni è scontato. Altrimenti non sarebbero considerate “tombe” e verrebbe meno tutto l’assunto archeologico tradizionale. E penso che su questo siamo tutti d’accordo.
  2. Che la cosiddetta piramide di Cheope abbia non solo la “camera del re”, ma anche la “camera della regina” è già un fatto strano, dato che le altre due ne sono sprovviste. O Chefren e Micerino non si sono sposati, o non avevano denaro per realizzare le camere funerarie delle rispettive consorti, o non volevano averle vicino anche durante il viaggio nell’aldilà, della serie : la vita terrena basta ed avanza ( scusate, mi è scappata la battuta, chiedo venia )
  3. Dato che a Teotihuacan in Messico ed a Xian in Cina ci sono due serie di piramidi molto simili ed in Linea Planetaria con Giza, ne deriva che ciò che stiamo argomentando per gli edifici Egiziani valga anche per i regnanti Centroamericani ed Asiatici ( scusate, non posso esimermi dal fare un pochino di ironia).
  4. Ma veniamo al “pezzo forte” di tutta questa considerazione : nella cosiddetta piramide di Cheope la camera funeraria del faraone è posta a circa 45 metri di altezza. Nella piramide di Chefren è posta invece, al livello del terreno, già una novità strana, ed in quella di Micerino è posta addirittura sei metri al di sotto del terreno . Perché ? . Dalla camera funeraria di Micerino parte un corridoio che conduce al nulla. Ma se la camera funeraria è sotto terra ( dico : sei metri sotto terra, mica poco) , la piramide sopra che diamine l’hanno fatta a fare ? Oltretutto, con questa progressione ” a scendere sempre di più ” , è presumibile che un ulteriore faraone si sarebbe fatto costruire la camera funeraria ad una ventina di metri sotto terra……….
  5. Non si può neanche parlare di “spostamento della camera del re per motivi di sicurezza” in quanto i corridoi di accesso alla medesima sono ben visibili, in tutte e tre le piramidi.
  6. Paura di alluvioni ed eventi naturali ? E che facciamo ? La abbassiamo anziché elevarla ancor di più ?
    Inutile girarci attorno : ma è mai possibile che un sovrano, un faraone eccetera, decida di farsi fare, rispetto al proprio nonno ed al proprio padre, una piramide grande un decimo di quella del nonno, fuori asse rispetto a quella del nonno, e, clamorosamente, con la camera funeraria sei metri sotto terra? Scusate, ma che senso ha ? O gli architetti hanno fatto un disastro, o erano perennemente allegri ed intenti a gozzovigliare e quant’altro o non era una tomba.

Allego gli “spaccati” . C’è davvero solo e soltanto da sorridere, al pensiero che le tre piramidi di Giza siano state costruite da questi tre faraoni, e che siano state costruite per essere adibite a tombe regali. Oltretutto come in Messico ed in Cina.

(tratto da : L’Ombra di Orione sulla Storia dell’Umanità – Anguana Edizioni , Sossano – VI )

TECNOLOGIA ATOMICA NELLA PREISTORIA – LE PROVE

Di Fabio Garuti

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La nuova archeologia si muove ormai su parecchie direttrici di ricerca, e questo è un fatto innegabile. A parte l’argomento piramidi, su cui l’ortodossia ha trovato la propria Waterloo nella grande piana di Xian – Cina, c’è quello relativo alla “tecnologia dalla preistoria” che ormai tiene sempre più banco tra appassionate ed appassionati del settore. Tante le prove su cui l’ufficialità ovviamente tace : dalla mica (minerale estremamente friabile) lavorata in fogli non realizzabili senza complessi procedimenti tecnologici ed utilizzata come isolante termico nelle grandi piramidi , alle lampadine elettriche reinventate a fine Ottocento, dai ganci in metallo alla deviazione a doppio angolo retto del corso di un fiume, eccetera. Tutti argomenti di cui ci siamo occupati.
Ma c’è una ulteriore prova, di cui abbiamo parlato, e che ben volentieri rivisito al fine di fornire ulteriori aggiornamenti, come mi è stato richiesto da appassionate ed appassionati. Si tratta delle trasformazioni genetiche dei vegetali. Ora, posto che il mais, o granturco, nella forma, nell’aspetto e nelle caratteristiche scoperte dai Conquistadores Spagnoli nel 1.500 circa era già un vegetale assolutamente “incomprensibile” ( e questa è una prova ASSOLUTA di tecnologia antichissima , al pari di quella fornita dalla trasformazione della Mica) si comprende perché l’ortodossia archeologica taccia totalmente anche su questo argomento : non ha nulla da opporre. Vediamo brevemente perché : il mais da solo non può riprodursi. Ho già spiegato più volte il perché ( pesantezza dei semi, semi che non si staccano, foglie che li serrano in una sorta di morsa), e su queste argomentazioni ho ricevuto il conforto di parecchi professionisti del settore.
A questo punto la domanda : chi ha operato queste trasformazioni ? Quando lo ha fatto ? E soprattutto, come ha fatto ? Sembra incredibile, ma se ho potuto rispondere a questi quesiti è solo perché tale attività di modifica genetica è stata riutilizzata anche nel secolo scorso, dalla nostra tecnologia per la verità con risultati non proprio lusinghieri.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i devastanti effetti delle due bombe atomiche sganciate sul Giappone provocarono mutazioni genetiche immediate soprattutto nei vegetali. Si pensò bene, avendone finalmente compreso lo scopo, fino ad allora assolutamente ignoto, di ricreare ed utilizzare copie di antichissime strutture, fino ad allora-ripeto- assolutamente non comprese ma diventate appunto comprensibilissime dall’Agosto del 1945, e su cui ancora oggi grava (ovviamente) l’oblio assoluto : strutture a cerchi concentrici, con vari anelli di massimo alcuni metri di larghezza ciascuno, con un diametro totale variabile tra i cento ed i duecento metri, con uno spazio vuoto al centro, inutilizzabili, incomprensibili ed abbandonate da sempre. Gli stessi popoli che vivono, e vivevano, nei pressi di queste antichissime strutture non avevano, e non hanno, la più pallida idea della funzione che potessero avere. Dato importante : analisi effettuate su assai vetusti campioni di piante, hanno dato responsi importanti relativamente a mutazioni improvvise e subitanee , risalenti ad oltre 10.000 anni fa circa, che solo radiazioni nucleari possono causare agendo sulla struttura genetica dei vegetali medesimi. Che poi tali strutture circolari siano ancora oggi ben visibili proprio lungo la Linea delle Piramidi, è una ulteriore conferma al tutto. I siti ? Moray in Perù, Columa in Bolivia ( il nome l’ho dato personalmente, dato che il sito è sconosciuto ), alture del Golan in Medio Oriente, deserto del Gobi a Nord della Cina. La funzione dei campi ? Ve la spiego subito, tramite la testimonianza di un addetto : ” Nei Giardini Gamma ( “Giardino”, o “Garden” in Inglese, è un termine per lo meno eufemistico, dato che il termine “Gamma”, ad esso accostato, indica l’utilizzo di radiazioni nucleari ) viene inserito del materiale radioattivo in una sorta di palo o di asta, che, all’arrivo di coloro che lavorano nel campo circolare, viene abbassato sotto terra in una camera rivestita di piombo. Recinzioni ed allarmi indicano quando le radiazioni sono attive. Più i vegetali sono vicini al palo e più muoiono per le radiazioni. Quelli troppo lontani non ne risentono, e quindi solo quelli centrali subiscono modifiche. La forma circolare dei campi permette di sfruttare l’effetto radioattivo di mutazione genetica in modo sistematico”
Questa testimonianza non è di 10.000 anni fa, ma degli anni Settanta circa.
Il problema grave, e quindi il difetto, di questi “Giardini circolari Atomici” , fu riscontrato nelle modifiche troppo violente che tali vegetali subivano, e che i tecnici non riuscivano a controllare al meglio. L’unica forma di contenimento all’effetto radioattivo consisteva infatti nel semplice allontanamento dal centro di emissione del fascio radioattivo. Ovvio che anticamente conoscessero altre tecniche per modificare od indirizzare o contenere la forza delle radiazioni, senza basarsi solo sul semplice e mero allontanamento dalla fonte di emissione. Non si spiegherebbe, altrimenti, come abbiano potuto effettuare modifiche per noi ancora oggi assolutamente impensabili ed impossibili.
A detta di alcuni esperti, era come se, in questi campi circolari, il patrimonio genetico delle piante venisse preso a martellate. Chiaro che si sia trattato di una tecnologia non ben controllata dalla nostra ingegneria genetica, e che di conseguenza non ebbe il successo sperato. Di questi Giardini, o Campi Gamma, non si è praticamente mai parlato. Né di quelli antichi e né di quelli moderni. Oggi si parla di O.G.M. ( Organismi Geneticamente Modificati ), ma in questo caso natura e tipologia degli interventi sono completamente differenti e certamente molto più mirate.
Il perché del silenzio assoluto da parte dell’ufficialità è evidente e consueto. Bisognerebbe dimostrare chi abbia ideato i Campi moderni, e soprattutto bisognerebbe spiegare a cosa servissero i campi antichi ed antichissimi che oltretutto, guarda caso, hanno dimensioni identiche a quelli moderni. Tecniche nucleari 12/13.000 anni fa…Meglio far finta di nulla come al solito. Dimenticavo : sia i Campi circolari antichi che quelli moderni, sono suddivisi in quattro settori, grazie ad una grande X che divide il tutto. Sia quelli antichi che quelli moderni, tanto per essere ancora chiarissimi…
Non vorrei sembrare sarcastico, ma, a questo punto, sembra proprio di essere tornati a scuola, quando la Professoressa domandava soavemente “chi avesse copiato chi”……..

(tratto da : La Preistoria Atomica – Anguana Edizioni, Sossano – Vicenza)

ARCHEOLOGIA MUSICALE – SARDEGNA E SCOZIA

Di Fabio Garuti

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Che l’Archeologia e la Storia necessitino ormai di visuali multidisciplinari sta diventando sempre più chiaro. Anche perchè proprio laddove le tradizioni, gli usi ed i costumi risultino particolarmente similari, possiamo stabilire punti di contatto indiscutibili. Il tutto, corroborato da ulteriori riscontri,delinea un quadro ben particolareggiato.
Strumenti musicali. Proprio la musica, o meglio, la riproduzione o la creazioni si suoni e di melodie mediante l’invenzione ed il perfezionamento di strumenti musicali, è molto spesso indice di notevole sviluppo sociale,di Civiltà ben progredite, di bisogno di intimità e di spiritualità e, in definitiva, di capacità artistico – artigianale non certo a livello ” primitivo o semi – nomade “. Laddove poi particolarissimi strumenti vengano creati, e caratterizzino, determinati territori o Civiltà, la cosa diventa molto interessante sia Storicamente che Archeologicamente.
Le Launeddas, antichissimo strumento musicale, tipico della Sardegna, di tipo polifonico, che presuppone la tecnica della Respirazione Circolare, è costituito da tre canne di norma “di fiume”, naturali quindi, ancora oggi reperite soprattutto nelle zone di Sanluri e Barumini. Mi scuso fin d’ora se le mie descrizioni non saranno tecnicamente approfondite, dato purtroppo lo spazio a disposizione, per cui , ove qualcuno abbia la bontà ed il desiderio di farlo a livello di commenti ne sarò ben lieto,e lo ringrazio fin d’ora. Tali tre canne sono di lunghezza differente e producono suoni differenti : la più lunga una singola nota definita “tonica”, un’altra note definite di ” accompagnamento” e la terza note di ” melodia “. ne sortisce un suono,anzi un complesso di suoni,particolarissimo, che denota grande capacità musicale. Mi è stato fatto notare, quando ero in Scozia ( poi ci arriviamo ) che tale suono,o meglio,tale complesso di suoni, riproduce i “rumori” della natura, tra cui,ad esempio, il rumore del vento o quel classico fruscio prodotto dall’erba smossa dai passi . Per cui uno strumento creato come simbolo di rispetto per la Natura, per il culto delle realtà boschive ed agresti e,in definitiva, qualcosa di davvero unico. Perchè la Scozia ? perchè anche stavolta la similitudine,o meglio il contatto, con la Antica Civiltà Sarda ( l’ennesima combinazione…..un pò di ironia ci vuole,scusatemi ) è più che evidente. La moderna cornamusa, famosissima nel mondo, deriva da uno strumento antichissimo,meno conosciuto, ed identico alle Launeddas : sono le Triple Pipes ( già il nome parla chiaro ) usate anche dai Celti ma, prima ancora, dai Pitti. I due Popoli ci sono ben noti in quanto i Pitti, precedenti ai Celti, mostrano incredibili similitudini con i Sardi, cosa che non avviene per i Celti. Per cui il fatto che tale strumento antichissimo sia Pittico ( o Pitto ) ci indirizza ancora una volta nel senso dei contatti Nord Occidentali che la Civiltà Sarda certamente ebbe.
Abbiamo anche un riscontro visivo di tutto ciò, per fortuna : Nella Lethendy Tower, facente parte dello splendido castello Scozzese situato nella regione del Perthshire, è ancora ben visibile una magnifica pietra intagliata ( sappiamo anche che i Pitti, proprio come i Sardi , eccellevano in questo tipo di lavorazione ) , riutilizzata come decorazione,in cui viene raffigurato un suonatore di Triple Pipes. L’accostamento alle Launeddas risulta chiaramente.
Si tenga anche presente che in Scozia è assolutamente normale considerare lo strumento Pittico identico a quello Sardo, riconoscendo quindi una affinità culturale che,peraltro, viene anche riscontrata dall’accostamento Dun-Nuraghi , o da quello “Cerchi Concentrici perfetti e su pietra ” , come già più volte abbiamo scritto.
Ma un altro dato può risultare interessante. Strumenti a fiato similari , ma non certo uguali a Launeddas Sarde e Triple Pipes Scozzesi, sono riscontrabili in Grecia ( si pensi alle raffigurazioni del dio Pan ), in Medio Oriente ed in Nord Africa. Non uguali, ripeto, ma solo basati su un concetto simile. Una ulteriore prova che i contatti tra Antica Civiltà Sarda e Scozia Settentrionale ed Insulare erano significativi , non solo da un punto di vista edilizio ed iconografico, ma anche Socio – Culturale . Ne verificheremo altri nei prossimi giorni.

(tratto da : Sardegna, Pagine di Archeologia negata. Una grande Civiltà Mediterranea migliaia di anni prima della Storia di Roma – Anguana Edizioni – Sossano -VI )

ARCHEOLOGIA IGNORATA: IL RIUTILIZZO TECNOLOGICO

Di Fabio Garuti

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Altro aspetto che l’archeologia ufficiale trascura da sempre è quello relativo alla analisi approfondita e dettagliata non solo del ” riutilizzo ” di strutture già esistenti da parte di Civiltà successive, ma soprattutto del riutilizzo di strutture pre-esistenti e non replicabili da parte della civiltà successiva che, appunto, se ne appropria al fine di edificare altro. Sottolineo : utilizza manufatti che ” non sarebbe in grado di replicare”.
Non è una questione da poco,anzi; fateci caso : il non poter replicare un qualcosa che altri, di una precedente e magari estinta Civiltà, hanno saputo erigere, significa testimoniare inequivocabilmente un ” regresso tecnologico ” che, a livello ufficiale , non è sempre ben accetto , soprattutto laddove si prendano in considerazione civiltà famosissime, poderose e plurimillenarie come quella Romana. Il concetto- base della Archeologia Ufficiale è quello di uno sviluppo tecnologico lento, costante e progressivo,fino a giungere ai nostri giorni. Tutto ciò che sa di ” regresso ” tecnologico contraddice tale impostazione e viene, sempre di norma, ben poco ” pubblicizzato “. Eppure il dimostrare un assunto del genere è molto importante, in quanto si dimostra che lo sviluppo dell’Umanità non è lineare, bensì ha subito tracolli e scomparse di Civiltà enormemente sviluppate, e di cui nulla o quasi si sa più. Testimonianze importanti, che ci permettono di poter davvero pensare ad un susseguirsi di ” cicli ” , fino a giungere alla nostra attuale condizione. Vediamo un qualcosa di probante in tal senso : Continua a leggere

I CERCHI CONCENTRICI – LE SPIRALI – I LABIRINTI

Di Fabio Garuti

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Altro argomento che non è mai stato trattato dalla Archeologia Ufficiale in maniera sistematica, ma sempre accomunando tra loro raffigurazioni, località, materiali e cronologie in una sorta di unico ed ampio calderone che facesse da contenitore ad una materia sostanzialmente inesplorata ed incompresa, è quello che riguarda la raffigurazione,a livello mondiale e dalla Antichità fino praticamente ai giorni nostri, di Cerchi Concentrici, Spirali e Labirinti.
Raffigurazioni su praticamente ogni tipologia di materiale, anche molto complesse, tra cui spiccano quelle effettuate sulla pietra, che hanno sfidato i millenni e sono giunte fino a noi, lasciandoci testimonianze più che preziose e , soprattutto ripeto, assai variegate.
Accomunare Cerchi, Spirali e Labirinti in una sorta di grande “minestrone iconografico – raffigurativo ” è un grave errore. Grave soprattutto perché le trasformazioni iconografiche non sono mai casuali, non sono frutto di capriccio personale o di soggettiva espressione di estro artistico, ma rispondono sempre a motivazioni importanti, e che tali raffigurazioni siano legate a questioni teistiche, appunto, è fuori di dubbio. Vediamone dunque genesi , sviluppo e trasformazioni.
Chiariamo innanzitutto che , per avere una tale diffusione a livello planetario e soprattutto per avere sfidato i millenni giungendo fino a noi, la raffigurazione di cerchi, spirali e labirinti ha una origine comune, non casuale, e non dovuta a fattori soggettivi o personalistici.
Chi ha iniziato, perchè ha iniziato, dove ha preso lo spunto per tale raffigurazione e , soprattutto, dove ha iniziato a raffigurare tutto ciò ? Ebbene, dopo aver visionato immagini da tutto il Mondo ( il fenomeno mi appassiona da diversi anni ), sono giunto alla conclusione ( verificata a lungo, come potete immaginare ) , che le raffigurazioni più antiche sono quelle effettuate su pietra dura, con una precisione millimetrica,senza alcuna sbavatura, e che, soprattutto, raffigurano i Cerchi Concentrici. Di tutto ciò abbiamo le prove assolute.
Incredibilmente più antiche sono le raffigurazioni,e più sono precise . Dove ? A Mamoiada, Sardegna, su un Men Hir – Stele unico nel proprio genere, magnifico, una vera rarità assoluta a livello Mondiale.
Questo reperto merita grandissima considerazione ( sapete che ne vado matto ) in quanto ci permette di risolvere definitivamente il mistero dei Cerchi Concentrici. Scoperto per puro caso, e probabilmente giunto fini a noi in quanto interrato e venuto alla luce solo grazie ad alcuni lavori pubblici, ( a quanto mi risulta ) , il Men Hir – Stele ha una datazione di almeno 5.500 anni fa,se non oltre ( stime ufficiali ) . Perchè è così importante ? Semplice : di Cerchi su pietra ne sono stati raffigurati in tutto il Mondo, ma che si avvicinino ( senza giungervi ) alla perfezione assoluta di quelli di Mamoiada ce ne sono solo in Scozia , ( Settentrionale ed Insulare ), in una Contea chiamata Moray, pronuncia Mùrray, di cui spesso abbiamo parlato a proposito dei Dun tanto simili ai Nuraghi, dei Pozzi Sacri, e di altro che collega in maniera inequivocabile i due Territori Nord Europeo e Mediterraneo.
Tale contea Scozzese, dicevo, è chiamata proprio nell’identico modo in cui viene chiamato il grande sito Peruviano, sulle Ande, in cui giganteschi Campi Circolari ( di cui abbiamo spesso discusso per quanto attiene ad utilizzi e caratteristiche ) sfidano i millenni. Dati i reperti e le similitudini tra Scozia e Sardegna , possiamo affermare a ragion veduta che “Moray” in Scozia equivale al “Moray” in Perù. Solo che in Centro America ci sono i Campi Circolari, mentre in Scozia ci sono le raffigurazioni su pietra proprio come in Sardegna. Chiaro il collegamento tra tali luoghi. Mi domanderete se anche in Sardegna ci siano tracce del nome Moray come in Scozia. Ci sono, ma ne riparleremo, in quanto l’argomento necessita di un articolo a parte. Ma, ripeto,ci sono, eccome.
Va inoltre sottolineato come in alcune “Domus de janas”, siano stati addirittura riprodotti perfettamente tali Campi Peruviani, incluso il restringimento del diametro dei cerchi stessi procedendo in profondità ; una raffigurazione precisissima, anch’ essa unica al Mondo. Ma ormai la Antica Civiltà Sarda ci ha abituato a delizie archeologiche del genere.
Ripetiamo : Sardegna e Nord della Scozia ” collegate ” ,oltre che da Nuraghi / Dun, Pozzi Sacri, Matriarcato, Strumenti Musicali, anche dai cerchi Concentrici, che comunque in Sardegna sono precisissimi, unici al Mondo. Ulteriore collegamento, come dimostrato, tra la Contea di Moray in Scozia ed il sito di Moray in Perù. Che, quindi, i Cerchi Concentrici raffigurino un qualcosa di divino,potente, antichissimo, è ormai chiaro.
Poi cosa accade ? Come sempre, una raffigurazione iconografica, di cui nel corso dei secoli e dei millenni si perda l’idea originaria, subisce svariate modifiche. Ebbene, proprio in Sardegna abbiamo la prova di questo cambiamento, appena impercettibile, ma chiarissimo.
Altro reperto straordinario, età del Bronzo, Vagoncino od Arca di Oschiri. Le ruote del vagoncino, pur apparentemente istoriate solo con cerchi Concentrici, partono in realtà al centro con un motivo a spirale che diventa poi una raffigurazione di Cerchi Concentrici anch’essa. Altro reperto unico al Mondo, che denota un cambiamento molto importante, legato certamente a nuove concezioni e / o sovrapposizioni simboliche, avvenute in età più tarda rispetto al Men Hir – Stele di Mamoiada od alle Domus de Janas. Non dimentichiamo che il motivo a spirale è completamente differente dai Cerchi Concentrici : nei secondi non c’è contatto tra i vari settori raffigurati, mentre nel primo certamente sì.
Quando poi, in età ancora più tarda, sono iniziate le raffigurazioni dei labirinti, come simbologia di un percorso, di un itinerario complesso, di una entrata e di una uscita, l’idea originaria dei Cerchi Concentrici non aveva più alcun significato.
Essendo però assai diffusa, era familiare e notissima. Ne è stata ripresa l’idea grafica, l’attenzione delle dimensioni e delle linee interne, la proporzione tra spazi , ma il significato, ripeto, era totalmente differente. Prova ne sia che alcuni labirinti vengono addirittura raffigurati su base quadrata e non tonda.
Particolarmente interessanti, in tal senso, due magnifiche raffigurazioni di labirinti realizzate in luoghi di Culto Cristiano. Una è quella della Chiesa di Chartres, nel Nord della Francia, e l’altra è quella che reca al centro proprio la figura del Cristo , ad Alatri, provincia di Frosinone, nel Chiostro di San Francesco. La particolarità delle due raffigurazioni consiste nel fatto che entrata ed uscita dal labirinto coincidono, quasi si tratti di un percorso dovuto,obbligato, ossia ( ad esempio ) il percorso della Fede. Tanti altri ,ovviamente, i significati riscontrabili in tali raffigurazioni,ma sempre senza più alcun aggancio con i Campi a Cerchi Concentrici. D’altronde si tratta di differenze di migliaia e migliaia di anni.
Una precisazione doverosa : i tanti significati che alle raffigurazioni di cerchi concentrici, spirali e labirinti possono essere collegati, non sono affatto errati, o fuorvianti, tutt’altro. Benché non si conoscesse più l’origine reale della raffigurazione, restava comunque e sempre l’idea di un qualcosa di antichissimo, potente, divinizzato e teistico.
Come potete quindi notare, significati completamente differenti tra loro; ciò che davvero ci interessa è l’aver potuto stabilire una cronologia, seppure ovviamente vaga, delle varie raffigurazioni, partendo da un dato certo : i Cerchi Concentrici raffigurati in Sardegna hanno una matrice identica a quella Scozzese : il ricordo plurimillenario dei Campi Circolari di Moray in Perù, come abbiamo dimostrato.
Davvero una Antica Civiltà quella Sarda. Tanto antica da avere ” visto ” e testimoniato , anzi, ” fotografato” contatti e nozioni fino ad oggi impensabili, da sempre persi nelle nebbie del Neolitico.
Le dobbiamo, tutti noi che ci appassioniamo alla Archeologia ed alla Storia, la ribalta e la considerazione che merita. Questione di Verità Storica, appunto.

( tratto da : Sardegna, pagine di Archeologia negata. Una grande Civiltà Mediterranea migliaia di anni prima della Storia di Roma – Anguana Edizioni – Sossano – Vi )

I POZZI SACRI IN SARDEGNA ED I CAIRNS IN SCOZIA

ANCORA CONTATTI ED INCONGRUENZE

Di Fabio Garuti

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Da tempo ormai cerchiamo di dimostrare come la Antica Civiltà Sarda abbia avuto stabili e durevoli contatti con la Scozia Settentrionale ed Insulare ( Isole Orcadi e Shetland ) , in un periodo antecedente l’arrivo in Nord Europa dei Celti, cosa che ci permette, (e non è poco), di collocarla in un periodo anteriore al 2.500 avanti Cristo, ossia almeno un paio di millenni prima della Storia di Roma. Datazione peraltro confermata anche dai contatti che la Sardegna ha avuto con la Bretagna del Nord ( oggi Francia Settentrionale ) e con la Penisola Iberica ( ad esempio Galizia – Spagna ) come dimostrato dai numerosissimi Men-Hir che ancora oggi caratterizzano tali territori, e datati almeno al 3.000/3.500 avanti Cristo. A parte i già diversi riscontri che accomunano tali due Territori tanto distanti tra loro, nella grande Isola Mediterranea vi sono anche magnifiche strutture denominate ” pozzi sacri “, ricordi di culti molto antichi in onore dell’ Acqua e della Femminilità, con riferimento ad una assai venerata Dea – Madre, alla Luna ed a tutto ciò che sia collegato al concetto di ” Dare Vita” , nel pieno rispetto della Natura ed integrandosi con essa. Un concetto, appunto, Femminile, antichissimo , ed in netta contrapposizione con l’idea ” Maschile ” del cercare di possedere i segreti Naturali al fine di dominare la Natura stessa. Detto per inciso i risultati a cui siamo giunti, oggi, denotano con tragica evidenza che un ritorno a concetti ben più rispettosi del Mondo che ci circonda sarebbero per lo meno auspicabili, proprio in quella fondamentale ottica così chiaramente riassumibile ed identificabile nel ” dare Vita” Femminile, appunto. Dicevamo dei Pozzi Sacri in Sardegna : Sorgenti ancora oggi accessibili, a riprova che perizia e conoscenze siano state davvero notevoli. Edificare strutture del genere non è impresa semplice per cui, viste le tante peculiarità di questo antichissimo Popolo penso sia davvero ora di non parlare più di vaga ed indefinita “Civiltà Nuragica”, termine certamente affascinante e veritiero ma che, in ogni caso, significa troppo poco in quanto riferito solo ad una singola tipologia di edificio. C’è molto di più. Ebbene, ed in Scozia ? La Civiltà Pittica, ( o Pitta ) , nel Nord Insulare di quel Paese, di cui più volte ci siamo occupati , ebbe durata ben più breve di quella Sarda, a causa dell’arrivo dei Celti. Nonostante i contatti tra i due territori, la Civiltà Sarda ebbe vita e sviluppo ben più duraturo e significativo, e la regola non fa eccezione neanche per quanto attiene ai Pozzi Sacri. Bellissimi, numerosi e costruiti in modo magnifico quelli Sardi, trovano nel Nord della Scozia rispondenza minore sia quantitativamente che qualitativamente, tranne,per fortuna, una eccezione, giunta quasi intatta ( purtroppo non nella parte superiore ) ed abbastanza ben conservata fino a noi oggi, e che ci permette di fare un significativo ed ennesimo paragone comparativo traendo nel contempo alcune interessanti conclusioni.

Chiariamo innanzitutto che in Scozia tali strutture ( la cui funzione non è stata mai del tutto chiarita, date le contrastanti opinioni in merito ) vengono genericamente indicate come CAIRNS, termine Gaelico-Scozzese certamente tardo , che include vari tipi di costruzioni a secco, litiche ( in pietra) , non ben distinte tra loro : accumuli di pietre per indicare o demarcare i confini, tombe ed, appunto, luoghi di accesso a sorgenti od a corsi d’acqua , sotterranei e non. Ne sono rimasti pochissimi, (alcuni sono stati interrati e vengono scoperti per puro caso, od addirittura sono stati riutilizzati come sepolcri in età successiva non essendo stati più compresi e venerati come Culto della Dea Madre della Terra ) , ed indicano un culto dell’Acqua e della Femminilità riscontrabile anche in Sardegna, ma non certo presso i Celti. E’ evidente che tali similitudini tra Scozia Settentrionale pre-Celtica ( ossia Pittica ) e Sardegna siano frutto di affinità Socio – Culturali notevoli ( non dimentichiamo l’organizzazione Matriarcale, sempre comune ai due Territori così come talune importanti raffigurazioni iconografiche) e, in definitiva, di una Civiltà Sarda in grado di mantenere tali rapporti conservando la propria identità anche quando nel Nord della Scozia, e nel resto d’Europa, i Celti di origine Indo-Europea presero, come detto, il sopravvento. Abbiamo considerato due strutture : una è quella di IS PIROIS , magnifica, ubicata nel Comune di Villaputzu, l’altra è quella di QUOYNESS, Isole Orcadi , Scozia Settentrionale , quindi sempre nei medesimi luoghi in cui, ricordiamolo, sono stati sia edificati un migliaio di DUN , pronuncia DAN, molto simili ai Nuraghi Sardi per aspetto esterno,struttura tronco-conica, muro a doppio guscio, scala elicoidale intra-muraria e nicchia d’andito, e sia scolpiti i magnifici CERCHI CONCENTRICI su pietra identici per fattura e soggetto a quelli Sardi. Le immagini parlano da sole, l’affinità è evidente, per cui non ci resta che asseverare, ancora una volta, i contatti tra i due Territori . Ma c’è di più : datazioni : in Sardegna, stando ai dati ufficiali, siamo, per i pozzi sacri, alla cosiddetta età Nuragica ( dal 1.800 / 1.500 avanti Cristo fino al 500 / 200 sempre avanti Cristo ) . In Scozia, invece, il Cairn,o meglio il Pozzo Sacro di cui abbiamo discusso, viene datato a più di 5.000 anni fa, ossia ben prima del 3.000 avanti Cristo. E’ una prima, notevole, ammissione di incongruenza : chi ha ragione ? Per quanto ci riguarda, sappiamo ormai che la struttura nelle Isole Orcadi, al pari dei Dan/Nuraghi, è certamente pre- Celtica, e quindi certamente anteriore al 2.500 avanti Cristo. Ne consegue che il 3.000 avanti Cristo sia parecchio verosimile. Materia complessa, ma che comincia a dare responsi inequivocabili : Nuraghi, Pozzi Sacri e Cerchi Concentrici su pietra, ben presenti ed ancora ottimamente conservati, sono presenti in Sardegna e nella Scozia Settentrionale ed Insulare, denominati rispettivamente Dun ( pronuncia Dan – ben diversi e da non confondere con i grandi Broch che sono altra cosa ) e Cairns, mentre per i Cerchi su pietra manca una specifica denominazione. Al di là di altre affinità i due Territori sono evidentemente legati, ma il fatto che nel Nord della Scozia siano arrivati, verso il 2.500 avanti Cristo, i Celti, che tali strutture non hanno più edificato, ci permette anche, e finalmente, di dare una datazione precisa anche alla Antica Civiltà Sarda : certamente antecedente al 2.500 avanti Cristo, appunto. Scusate, ma che senso avrebbe avuto “replicare” in Sardegna edifici od iconografie su pietra risalenti in Scozia ad almeno 1.000 anni prima ? Che logica ci sarebbe in tutto ciò ?. Un pò ciò che è accaduto per la datazione dei Bronzi, che in Sardegna testimoniano una perfezione più che mirabile. Ma possibile che l’età del Bronzo venga fatta risalire al 3.300 avanti Cristo tranne che in Sardegna , in cui tale lega si sarebbe affermata nel 1.800 avanti Cristo ? Ossia circa 1.500 anni dopo ? 15 secoli per conoscere il bronzo ? Non c’è nulla da fare…..alla Storia ufficiale Sarda sembra toccare un destino davvero strano : i Millenni “saltano” come birilli e soprattutto non si deve mai e poi mai andare più indietro del 2.000 avanti Cristo. Punto e basta. Altro destino assurdo riguarda la Marineria Sarda : fino all’arrivo dei Fenici i Sardi ( ufficialmente ) non avevano nè barche nè navi,altrimenti non si spiegherebbe una stasi di millenni all’interno dell’Isola !!!. Ormai l’ anti – storicità si sta trasformando in una sorta di farsa grottesca e surreale. Persone che vivono su un’ Isola, che attendono millenni prima di conoscere le navi ? Retrodatando anche la Storia della Antica Civiltà Sarda i vari “tasselli” si incastrano certamente meglio. Con una migliore e ben più precisa identificazione della cosiddetta “Civiltà Nuragica” ; un termine limitativo, per quanto indubbiamente affascinante, non Vi pare ?

( tratto da : Sardegna , pagine di Archeologia negata. Una grande Civiltà Mediterranea migliaia di anni prima della Storia di Roma – Anguana Edizioni – Sossano – VI )

ARCHEOLOGIA ALFABETICA SU BRONZO

Di Fabio Garuti

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Abbiamo più volte parlato di utilizzo dell’ Alfabeto Ogham da parte della Antica Civiltà Sarda. Basandoci sugli ormai tanti raffronti possibili tra Scozia e Sardegna, (ed anche penisola Iberica, a completare il quadro Nord Europeo dei contatti tenuti in età pre – Celtica dagli Antichi Sardi), non stupisce la considerazione che in tali Territori venisse utilizzato, in origine, un unico Alfabeto, poi modificato in età successive. A parte il contatto, dicevo, tra Sardegna e Scozia, già ulteriormente dimostrato, il tutto riveste grande importanza anche in considerazione del fatto che, a detta della archeologia ufficiale, i Sardi non hanno utilizzato alcun alfabeto prima dell’arrivo dei soliti Fenici. Ovviamente non è così, e l’utilizzo , chiarissimo, dell’Ogham appunto, ne costituisce smentita evidente. Fino ad oggi ci siamo occupati di iscrizioni su pietra, ma ecco un fatto nuovo, dai risvolti purtroppo molto gravi, ma che ci permette comunque di trarre per fortuna importanti riflessioni. Vediamo di cosa si tratta :
Sono state pubblicate le immagini relative a diversi Bronzetti Sardi, ovviamente trafugati dai rispettivi ed originari siti archeologici di appartenenza, che andranno all’asta a fine mese a Londra, in Inghilterra. Al di là della gravità della vicenda (tesori della Storia e della Cultura Sarde trafugati, ripeto, e venduti a privati) che priva Tutte e Tutti noi di un patrimonio inestimabile, sia per bellezza che per importanza storico-archeologica, ed al di làdi tutte le azioni allo studio per cercare di porre rimedio ad uno scempio e ad un depauperamento francamente non più tollerabili, ci restano per fortuna, almeno per adesso, immagini di straordinaria importanza. Continua a leggere

LA SARDEGNA ED IL NORD EUROPA : I MENHIR.

di Fabio Garuti

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Care Lettrici e Lettori, Appassionate ed Appassionati , inizio oggi un percorso che, per chi sia interessato , dalla Sardegna ci porterà nel Nord Europa, in età precedente al Secondo Millennio avanti Cristo, al fine di dimostrare come la Civiltà Sardo – Nuragica (termine per ora vago ma “aggiusteremo il tiro” ) abbia avuto contatti notevoli appunto con l’Europa Settentrionale. Tanto stretti da aver dato vita non solo ad una Civiltà, ma anche ad un fenomeno Storico vero e proprio , entrambi ben caratterizzati ed identificabili, e soprattutto ben precedenti sia alla Storia della Grecia Antica che a quella di Roma. Argomento complesso, innovativo, dalle forti perplessità, (e lo comprendo), ma valutabile grazie a fattori di riscontro che avrete modo di valutare personalmente, stante una assoluta mancanza, fino ad oggi, di riscontro bibliografico in merito. Cercherò di ripercorrere insieme a Voi, come ho fatto in occasione di altre Ricerche, il Modo di Agire seguito, al fine di giungere ad un risultato verificabile. Una considerazione doverosa : Appassionate ed Appassionati. Senza il loro aiuto , senza migliaia di immagini,( in particolare un ringraziamento sentito alle Signore Francesca Pisano e Giusy Perra) commenti, riflessioni ed incoraggiamenti, senza la loro passione, non ce l’avrei fatta. Un aiuto prezioso ? Di più. Impossibile citare tutti: mando loro un unico e sentito Grazie. Continua a leggere

L’ETERIZZAZIONE DELL’ACQUA DI JOHN ERNST WORREL KEELY

Di E.din: La Terra degli Anunnaki

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Con il termine “eterizzazione” dell’acqua si intende il trasformare l’acqua in pura energia ossia in etere. Il primo a scoprire in occidente questo fenomeno (in tibet i monaci tibetani già lo facevano da secoli) fu John Warrel Keely nel 1866. Keely è stato uno dei più grandi geni della fisica dell’etere al pari di nomi famosi come Nikola Tesla, Pierluigi Ighina ed Edward Leedskalkin. L’approccio di Keely era basato sull’uso dei suoni al fine di mettere in risonanza l’etere che compone la materia trasformandola per ricavarne energia o per polarizzarla in modo da poter controllare la gravità. In questa sede verrà trattato il processo di eterizzazione e quindi di trasformazione della materia (in questo caso acqua) in etere con un rilascio enorme di energia. Keely scoprì per caso questo effetto mentre sottoponeva l’acqua a varie frequenze armoniche…improvvisamente il contenitore esplose distruggendo l’apparato rilasciando molta energia…molta più di quella usata per generare i suoni che era irrisoria. Chiaramente non tutta l’acqua fù trasformata in etere altrimenti di Keely e del suo quartiere non ne avremmo più sentito parlare ma Keely capì che era nella direzione giusta. Keely dichiarò che la specifica frequenza di 42,8 khz (ultrasuoni quindi)permetteva di dissociare l’acqua in etere se applicata nelle giuste condizioni. Al tempo non aveva apparecchiature per generare ultrasuoni così usava una combinazione di armoniche sulla banda udibile per ottenere quella specifica frequenza…in pratica usava diverse ottave come avrebbe detto lui…non per niente era anche un talento musicale! L’esperimento di Keely fu più ripetuto? Sappiamo come riprodurlo nei tempi moderni? Per fortuna Keely non è stata l’ultima mente aperta e geniale dei nostri tempi e altri sperimentatori di frontiera si sono avventurati in questi campi. Uno di questi nel 1965 scoprì per puro caso lo stesso identico effetto di eterizzazione pur se non lo andava cercando. Il tipo in questione era un chimico nucleare che aveva impostato un semplice macchinario per la produzione di una onda sonora stazionaria in un cilindro pieno d’acqua…il suo target era solo quello di vedere il comportamento di alcune impurità immesse nell’acqua nei pressi dei nodi dell’onda. Continua a leggere

ARCHEOLOGIA LITICA – LE ‘H’ DI PUMA PUNKU

Di Fabio Garuti

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Archeologia litica, ossia in pietra; ma non parliamo di megaliti, monoliti, eccetera, bensì di enormi lettere dell’alfabeto in pietra dura. Avete presente l’espressione “non ci capisco un’Acca”? Ebbene, l’archeologia ufficiale brancola letteralmente nel buio, o meglio, tra le nebbie del solito Neolitico per quanto riguarda proprio le enormi “H” in pietra, a Puma Punku, Bolivia.
Non sono improvvisamente impazzito, tutt’altro, e vi spiego subito: Puma Punku, Bolivia, ad oltre 3.800 metri sul livello del mare, luogo facente parte del sito archeologico di Tiwanaku, ufficialmente edificato, a cavallo tra il Quinto ed il Sesto secolo dopo Cristo dagli Aymara, una Popolazione locale i cui discendenti, come al solito quando si tratta di siti particolari, stranamente (!!!) non hanno la più pallida idea di chi, tra i propri avi, abbia edificato il tutto. Ci siamo abituati; qualcosa di molto simile lo riscontriamo tra gli attuali discendenti degli Inca che non hanno alcun ricordo, neanche a livello di mito o di leggenda, della edificazione da parte dei propri avi dei siti di Cuzco e di Moray, ufficialmente edificati solo qualche secolo prima dell’arrivo dei Conquistadores Spagnoli, tanto per essere chiari. Andiamo avanti. Continua a leggere